Perchè non torniamo alla Lira ?
Perché l’Italia deve uscire dall'Euro
di Fabrizio Zampieri
(economista, analista finanziario di investirenelmondo.com)

Il 1° gennaio 2002 in Italia fu introdotto fisicamente l’Euro (a livello interbancario aveva già iniziato ad essere usato dal 1999, solamente come moneta scritturale) e, se ben ricordate, ma purtroppo la memoria degli italiani è solitamente corta, la nuova valuta ci fu “propinata” dall’allora Governo Prodi, e con il plauso di quasi tutta l’opposizione, come la panacea di tutti i mali cronici della nostra nazione. I bassi tassi d’interesse, la riduzione dell’inflazione, la stabilità dei cambi, la forza economica dei Paesi aderenti all’unione monetaria, l’eliminazione dei costi sulle transazioni valutarie dei Paesi UE, avrebbero dato sicuramente slancio all’economia e all’occupazione del nostro Bel Paese. Se ripensate ancora meglio, per quello storico evento venne fatta anche pagare una tassa agli italiani, la “tassa sull’euro”, che non venne poi mai restituita del tutto, nonostante le promesse dei politici di allora…Venne anche creata la Banca Centrale Europea con sede a Francoforte, per accontentare i tedeschi che in virtù della forza della loro valuta (marco) pretendevano di avere una certa predominanza all’interno del nuovo organismo; una nuova Banca con il compito di stabilire e pianificare la politica monetaria all’interno dei Paesi aderenti all’euro.Ebbene, a distanza di 6 anni dall’introduzione della nuova moneta, possiamo onestamente affermare che l’Italia ha risolto, se non tutti, almeno una parte dei suoi problemi economici, finanziari e sociali?; dal mio punto di vista, l’esito è stato senz’altro negativo, ed aggiungerei peggiorativo; è proprio vero: gli italiani stavano meglio quando stavano peggio.In particolare:- il costo reale della vita, ad oggi (nell’arco di soli 6 anni), è aumentato in media del 50-80%, in alcuni settori anche del 100%, nonostante le inattendibili, inaffidabili e poco trasparenti rilevazioni dell’Istat che ci raccontavano il buon andamento dell’economia, almeno fino a qualche giorno fa, quando anche l’Ente pubblico ha dovuto ammettere che effettivamente il caro vita ha avuto incrementi maggiori di quelli pubblicati. Il problema però sta nel fatto che le retribuzioni degli italiani non hanno certamente seguito il medesimo trend ascendente dei costi. E non fatevi incantare dai falsi palcoscenici televisivi dove vengono organizzate ad arte zuffe e litigi tra associazioni dei consumatori, commercianti e cittadini per tentare di trovare i responsabili di tali indiscriminati aumenti poiché i principali colpevoli sono ben altri e non vengono citati in giudizio: il vero colpevole è lo Stato e le principali amministrazioni pubbliche che, subito dopo l’introduzione dell’euro, hanno aumentato le tariffe postali, quelle dei pubblici servizi, dei trasporti, hanno permesso l’incremento delle bollette energetiche, ed ovviamente non hanno attuato nessun tipo di controllo sui prezzi. Ciò ha naturalmente legittimato anche le altre categorie private ad attuare le stesse manovre.- I tassi d’interesse sicuramente partiti da livelli bassi (il tasso ufficiale di sconto nell’area Euro era al 2% ad inizio 2002) sono ormai raddoppiati e la tendenza nel lungo periodo permane al rialzo. E non credo sia necessario essere degli economisti per capire che ad ogni aumento del Tasso Ufficiale di Sconto, e quindi anche di tutti gli altri tassi interbancari collegati, corrisponde un aumento dell’importo della rata del mutuo o del prestito di un normale cittadino o ancora del finanziamento di una piccola e media impresa locale. Questo mix, composto dal costo della vita e dal rialzo dei tassi d’interesse, sta facendo registrare incrementi a livello di record di espropri immobiliari (più del doppio nell’arco dell’ultimo anno in Italia), dovuti al mancato pagamento dei mutui da parte dei cittadini, e di cessazioni di attività imprenditoriali di piccole e medie dimensioni; quelle di grandi dimensioni per il momento riescono a far fronte alla congiuntura negativa con licenziamenti e delocalizzazioni produttive. Da ultime statistiche, inoltre risulterebbe che in area Europa nel corso del 2008, a fronte di un totale di 15.000 miliardi di euro di debito delle famiglie nei confronti delle Banche, almeno l’8-10%, corrispondente a 1.200-1.500 miliardi di euro, verrà considerato credito “incagliato”, ovvero difficilmente recuperabile se non mediante azioni giudiziarie e di esproprio e con relativa perdita degli immobili da parte dei cittadini.- E che dire relativamente alla stabilità dei cambi, sbandierata come un’altra delle positività della nuova valuta..?; ebbene l’Euro è tutt’altro che stabile, anzi è una valuta che dopo un inizio incerto di debolezza, si è apprezzata notevolmente nei confronti di tutte le principali monete (attualmente il cambio dell’euro rispetto al dollaro è di circa 1,52!!! –massimo storico dall’introduzione dell’Euro-; rispetto allo Yen giapponese ha raggiunto invece la quotazione di circa 170 a luglio scorso –altro record storico da 15 anni-; e così via rispetto anche alle altre principali valute internazionali). E ancora una volta non è necessario essere un economista per comprendere che un Euro forte penalizza fortemente le esportazioni (vendite) delle aziende europee. Sono molte le imprese italiane in difficoltà a seguito di questo fenomeno, che hanno registrato ingenti cali di vendite e riduzioni di fatturato, il tutto con gravi ripercussioni sulla produzione e sull’occupazione.Molti si chiedono perché la BCE non stia facendo molto sotto questo aspetto, pur avendone le possibilità, per sostenere i cittadini e le imprese del territorio dei Paesi UE.La Banca Centrale Europea non sta facendo quasi nulla poiché è una Banca privata, indipendente ed autonoma. E qui possiamo rilevare una serie di fatti piuttosto preoccupanti: le Banche Centrali delle singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un’indipendenza dal potere politico variabile tra il 40 e il 65%; attualmente, dopo l’introduzione dell’Euro, l’indipendenza si aggira intorno al 90%. Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla BCE, dai vertici monetari giungono invece ai nostri governanti continue indicazioni, parametri cui attenersi, rigidi vincoli che coinvolgono l’intera vita e l’economia delle nazioni.Inoltre, l’art. 4 del Trattato non menziona la BCE tra le Istituzioni della Comunità (Parlamento Europeo, Consiglio, Corte di Giustizia, Corte dei Conti e Commissione); alla BCE però il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto ne riconosce la più ampia capacità di agire all’interno di ciascuno degli Stati membri.Sotto il profilo giuridico-formale, la BCE non è dunque un’Istituzione Comunitaria, ed i singoli Paesi aderenti all’Unione Monetaria non possono interferire in alcun modo con la sua politica economica; essa può quindi fissare a suo arbitrio il livello del tasso ufficiale di sconto (TUS), la quantità di denaro da immettere sul mercato, decidere la disponibilità ed il costo del finanziamento del sistema bancario e qualsiasi altra azione di sua competenza, in modo indipendente (art. 7 del Protocollo SEBC: “Indipendenza”).Ed in aggiunta, mentre i dibattiti e le sedute della Camera dei Deputati e del Senato sono aperti al pubblico e le sentenze delle Corti di Giustizia devono essere dettagliatamente motivate e pubblicizzate, dall’altra parte, le riunioni del Consiglio Direttivo della BCE sono assolutamente secretate, ed è lo stesso Consiglio che, di volta in volta, decide se pubblicare le proprie delibere, se pubblicarne solo alcune parti, o se non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti della BCE godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste, all’interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri degli stessi dirigenti (art. 12 del Protocollo: “Responsabilità degli organi decisionali”).Senza esagerazioni, il Trattato di Maastricht ha fatto di loro membri intoccabili di una Società privata ed autonoma, in parte segreta, che condiziona Stati e popoli.Inoltre all’interno della stessa Banca Centrale prevalgono gli interessi tedeschi i quali sembrano avere come unico obiettivo quello della lotta all’inflazione, a costo di mandare sul lastrico famiglie ed aziende, mantenendo un alto livello di tassi d’interesse, e facendo finta di non accorgersi che la maggioranza dei Paesi dell’area Euro non ha fondamentali così buoni come quelli tedeschi. Gli interessi tedeschi devono però fare i conti con quelli americani, prevalenti anch’essi all’interno della BCE: infatti molti esponenti e dirigenti della stessa BCE provengono dalle grandi Banche d’affari Usa (Bini Smaghi, Mario Draghi, ecc…) e sapendo che agli Stati Uniti serve in questo momento un Dollaro assai debole che permetterebbe loro di ridurre il notevole disavanzo pubblico, in parte utilizzato per finanziare le varie guerre e missioni militari nel mondo, e di rilanciare le esportazione delle loro aziende verso l’estero, si riuscirebbe a comprendere meglio come mai la nostra Banca Centrale non è ancora intervenuta e né interverrà sul mercato delle valute favorendo un Euro così “forte” e un Dollaro così debole che, in termini economici, si traduce in una notevole difficoltà per le nostre aziende di vendere i propri prodotti/servizi all’estero. In poche parole, I Paesi dell’area Euro, compresa l’Italia, stanno pagando il “conto” degli amici americani con la compiacenza della nostra Banca Centrale. Ne deriva inoltre che i singoli Stati dell’Unione Monetaria hanno perso la sovranità monetaria e legislativa in campo monetario, sovranità che sono parti essenziali della sovranità nazionale. Appurato che la BCE è un “Ente” privato ed autonomo, ora è più facile comprendere le cause e le dinamiche di questo stato di cose.- Ed ancora, affrontiamo il tema della congiuntura economica, la quale avrebbe dovuto prendere slancio positivo con l’utilizzo della nuova valuta, facendo leva sui bassi tassi.., sulla stabilità dei cambi, e sulla forza del sistema Europa. Dunque, possiamo certamente affermare che attualmente i Paesi dell’Unione Monetaria, compresa l’Italia, si trovano in una negativa fase di stagflazione, ovvero di stagnazione economica abbinata ad inflazione, ma ad una inflazione ben più pericolosa poiché importata soprattutto dal rincaro delle fonti energetiche e non legata all’aumento dei consumi interni, i quali sono bloccati a causa delle difficoltà economiche della classe media italiana (1 famiglia su 4 ormai non arriva a fine mese con il proprio stipendio); inoltre, per il nostro Paese si può parlare quasi con certezza di recessione tecnica, il preludio ad una fase di recessione vera e propria se i prossimi dati macroeconomici non miglioreranno.Alla crisi economica si è aggiunta ora anche una crisi finanziaria, generata da quelle Banche ed Istituzioni finanziarie che avrebbero dovuto essere controllate dalle Banche Centrali, nel loro operato a volte poco trasparente, ma che così non è stato; ed il fenomeno è maggiormente comprensibile se si pensa che molte Banche Centrali sono di proprietà delle stesse Banche “controllate”. L’esempio eclatante è dato dalla nostra Banca d’Italia, il cui pacchetto azionario è detenuto per oltre il 90% da Banche private (i gruppi Intesa-San Paolo e Unicredit-Capitalia possiedono oltre il 40% delle azioni di Banca d’Italia!). Dopo queste premesse, credo quasi ogni cittadino, secondo logica, firmerebbe una dichiarazione o voterebbe, in sede di referendum, per l’uscita dell’Italia dall’Euro ma purtroppo nel nostro Paese sono dichiarati anticostituzionali i referendum che hanno come oggetto materia fiscale e finanziaria, inoltre la classe politica, sia per ignoranza in materia, sia perché spesso sobillata e controllata dal potere finanziario che sponsorizza le loro campagne elettorali e business diversi, è alquanto restia a parlare o a prendere iniziative relativamente a queste tematiche; in aggiunta, un altro fattore molto importante è costituito dal fatto che, nel nostro Paese, esiste anche una forte censura da parte dei media e dei principali quotidiani (quasi tutti partecipati a livello azionario, in misura più o meno ampia, da una o più Banche) su questa materia.Ma, a parte questo, l’Italia uscirà dall’Euro soprattutto per motivi tecnico-finanziari.Infatti recentemente si è verificato che il differenziale tra i Btp italiani (titoli di Stato a reddito fisso con durata decennale) e i Bund tedeschi, di colpo, è salito a 40 punti base, il massimo dal 2001 (vigilia dell’entrata dell’Euro). Ma il fenomeno è ancor più strano poiché, dal momento che Btp e Bund sono emessi da Paesi aderenti all’UE ed entrambi in euro, il differenziale dovrebbe essere pari a zero; nonostante questo invece tale differenza è rimasta sullo 0,20 (20 punti base) per questi anni, indicando un certo livello di diffidenza nei confronti del nostro Paese; Francia e Spagna avevano un differenziale solamente dello 0,04 (4 punti base) rispetto alla Germania.Solitamente un differenziale così ampio tra titoli di Stato anticipa un movimento o accadimento assai negativo, ed ora il mercato inizia a muoversi sull’Italia, scommettendo sull’uscita dall’Euro del nostro Paese. E’ quindi solamente una questione di tempo.L’Italia per non crollare economicamente avrebbe bisogno di un cambio eur/usd a 1 e non agli attuali 1,56.., e di un cambio eur/jpy (yen) a 100 e non certo all’attuale 154, e di tassi d’interesse tra i 2,5-3%.La Germania, che influenza notevolmente le decisioni della BCE, come abbiamo visto in precedenza, ha attualmente un surplus estero di 130 miliardi di euro (record) seppure con l’euro a 1,50, ha inoltre un mercato immobiliare stagnante da anni a livello di prezzi, e non presenta problemi di debito in generale: è naturale quindi sia più che contenta di avere un euro forte e l’unico aspetto che le interessa è quello di controllare l’inflazione, mantenendo alti i principali tassi d’interesse.Il problema è che la felice situazione della Germania non è paragonabile a quella della maggioranza degli altri Paesi dell’area Euro.In Italia, per rimanere a casa nostra, la crescita è ormai vicina allo zero, tanto ché si sta parlando ormai di recessione tecnica, la spesa per i consumi nello scorso mese di ottobre ha persino registrato un valore negativo (-0,6%) rispetto all’anno precedente; c’era solamente l’export che ci dava qualche soddisfazione con ottimi saldi positivi, ma ora anche questo si è contratto notevolmente a causa dell’euro forte. E’ quindi doveroso insistere sul fatto che se l’Italia rimarrà con questi valori all’inizio della recessione vera e propria, verrà inesorabilmente buttata fuori dall’Euro nonostante la volontà contraria di banchieri e politici. E non credete alle loro parole quando dichiarano, senza cognizione di causa o perché spinti da loro interessi, che se non avessimo adottato l’Euro, ora con la “vecchia” Lira saremmo in condizioni peggiori.., non credetegli, che lo dimostrino tecnicamente.E per rimanere nel tecnico, il differenziale Btp-Bund, fino a questa estate, era sullo 0,20 (20 punti base), ora è saltato improvvisamente a 0,40; quando si arriverà sullo 0,80-0,90 (80-90 punti base) significherà che l’Italia sarà costretta ad uscire dall’Euro, senza bisogno di alcun referendum da parte degli Italiani, ma con una situazione economico-finanziaria e sociale ben più grave e disastrata di quella attuale.
*Fabrizio Zampieri é economista ed analista finanziario. Come consulente si occupa di: analisi e studio dei mercati finanziari, gestione del rischio di cambio e degli strumenti finanziari, gestione della tesoreria aziendale multivalutaria, gestione dell’indebitamento e dei rapporti con gli Istituti bancari, con target di clientela “Private” e “Corporate”. Come formatore collabora con Associazioni di categoria e Imprese attraverso progettazione e docenze di corsi F.S.E. (Fondo Sociale Europeo), seminari, incontri. Socio ordinario Assoconsulenza della quale è Segretario per la delegazione di Padova .