Nubi nere arrivano dagli Stati Uniti d'America sul futuro
delle Convenzioni di Ginevra e degli accordi internazionali
per la protezione dei diritti umani. Dopo alcune settimane
di guerriglia politica sulla questione delle torture contro
i prigionieri della guerra al terrorismo, alla fine i tre
senatori repubblicani "ribelli" - John McCain, Lindsey Graham
e John Warner - hanno di fatto capitolato di fronte alle richieste
della Casa Bianca e hanno accettato di firmare un accordo
che, secondo i suoi molti critici, fornisce di fatto il via
libera alla Casa Bianca per continuare nella disastrosa politica
delle torture contro i prigionieri di guerra.
L'accordo firmato tra la Casa Bianca ed i senatori ribelli
prevede in particolare che:
- Chiunque venga processato dai tribunali militari abbia accesso
a tutte le prove che siano state presentate, in ambito processuale,
contro di lui dinanzi alla giuria, ma non a quelle che siano
ritenute lesive degli interessi nazionali
- Siano proibite solo le "gravi violazioni" della Convenzione
di Ginevra e sia perciò emendato il War Crimes Act
(la legge approvata nel 1996 che vieta l'uso della tortura
e delle pratiche coercitive contro i prigionieri di guerra,
ndr), definendo esplicitamente tali gravi violazioni
quali atti come tortura, violenza sessuale, esperimenti chimici
e biologici sui prigionieri e trattamenti crudeli ed inumani.
- Il presidente ha però l'autorità di specificare, mediante
ordini esecutivi, quale sia "il significato e l'applicazione"
delle norme previste dal War Crimes Act e dalla Convenzione
di Ginevra.
- Siano comunque consentite le testimonianze ottenute con
metodi coercitivi se tali dichiarazioni siano state ottenute
prima dell'approvazione da parte del Congresso nel 2005 dei
trattamenti crudeli, inumani e degradanti, e se il giudice
abbia ritenuto tali dichiarazioni attendibili. Allo stesso
tempo sono vietate eventuali testimonianze ottenute con metodi
coercitivi se ottenute dopo il 2005 e il giudice abbia valutato
i metodi usati per ottenerle come violanti la definizione
costituzionale di trattamenti crudeli, inumani e degradanti.
- E' inoltre severamente limitato il diritto dei prigionieri
ad appellarsi a corti di grado superiore, compresa la Corte
Suprema, per chiedere la propria liberazione.
- E' infine depenalizzata retroattivamente qualsiasi violazione
del War Crimes Act che ai sensi della nuova legge non risulti
più esserlo.
Diversi esponenti democratici, oltre a numerosi attivisti
delle organizzazioni per la protezione dei diritti civili,
hanno affermato che l'accordo appena descritto non fa altro
che lasciare le porte aperte per qualsiasi tipo di abuso e
tortura contro i detenuti, togliendo loro allo stesso tempo
il diritto sacrosanto di appellarsi contro la propria detenzione.
"Questo accordo permetterà all'Amministrazione nordamericana
di continuare con la propria politica di interrogatori basati
sulla tortura", afferma Michael Ratner, il presidente del
Centro per i Diritti Costituzionali. "In qualità di difensore
dei diritti umani che ha speso la sua vita combattendo contro
la tortura applicata dai dittatori di tutto il mondo, trovo
questo compromesso semplicemente disgustoso".
Persino alcuni tra gli avvocati difensori dell'Esercito che,
in base alla legge dovrebbero assumere la difesa degli accusati
dinanzi ai tribunali militari, hanno attaccato pesantemente
l'accordo, affermando che le regole proposte impedirebbero
loro di venire a conoscenza se le dichiarazioni dei loro clienti
siano state ottenute o meno attraverso l'uso della tortura.
"Questo sistema è persino peggiore di quello che era già in
essere sino ad ora", ha affermato il maggiore dei marines
Michael Mori, un avvocato militare. Inoltre, sempre da ambienti
militari, è trapelata la preoccupazione sull'eventuale destino
dei soldati americani che dovessero essere fatti prigionieri
di guerra; chiaro che avrebbero grosse difficoltà a far valere
i propri diritti ai sensi delle Convenzioni di Ginevra, visto
che sono per primi gli Stati Uniti d'America a limitarli ai
propri prigionieri.
Ancora più tagliente è stato il giudizio dell'ACLU (American
Civil Liberties Union), la più grande organizzazione
per la difesa dei diritti civili in America:
"Questo è un compromesso che viola l'impegno americano nei
confronti dei diritti umani. L'accordo proposto renderà irrilevanti
nonché di fatto impossibili da applicare le protezioni basilari
previste dall'articolo 3 delle Convenzioni di Ginevra per
il trattamento dei prigionieri di guerra. Tale accordo fornisce
deliberatamente l'impunità a coloro che all'interno dell'Amministrazione
si sono macchiati sino ad ora di crimini e torture. Inoltre,
ai sensi dell'accordo, il presidente avrà l'autorità di dichiarare
cosa è - e cosa non è - una grave violazione del War Crimes
Act, rendendo di fatto se stesso giudice e giuria. In
sostanza questa norma, se approvata, fornirà al presidente
l'autorità unilaterale di dichiarare legittimi alcuni tipi
di tortura usati sino ad ora contro i prigionieri. Queste
sono tattiche che ci si potrebbe attendere da regimi repressivi,
non dal governo di un Paese come gli Stati Uniti d'America".
Quello che si può notare da tutte queste dichiarazioni è che,
sicuramente, uno dei punti più critici di questo accordo è
quello che fornisce al presidente il potere di definire cosa
è consentito o meno nell'ambito delle modalità di interrogatorio.
Infatti, stando al compromesso firmato al Senato, il presidente
potrebbe potenzialmente decidere di depenalizzare qualsiasi
tipo di abuso sui prigionieri, come quelli che hanno causato
l'oltraggio internazionale ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nelle
prigioni segrete della CIA sparse in tutto il mondo. Inoltre,
persino la lista delle tecniche consentite dalla Casa Bianca
dovrebbe rimanere segreta, per non fornire al "nemico" informazioni
riservate. Secondo Jane Harman, vicepresidente democratico
della Commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti,
"la chiave per verificare la validità di questo accordo sarà
la possibilità o meno dalla parte del Congresso di avere supervisione
sul programma di interrogazioni della CIA". In particolare,
secondo il deputato Barman, la Casa Bianca dovrebbe fornire
al Congresso la descrizione minuziosa delle tecniche che ha
intenzione di autorizzare, la giustificazione legale per queste
tecniche e delle evidenze per mostrare che queste tecniche
siano davvero necessarie ed efficaci.
Di fatto, però, secondo diversi esperti della materia, per
come è stato formulato l'accordo, la CIA continuerà di fatto
ancora ad avere il permesso di usare qualsiasi tipo di metodo
coercitivo, come costringere i prigionieri a rimanere nudi
in stanze gelide, forzarli a rimanere in posizioni dolorose
per periodi prolungati e privarli del sonno. Il compromesso,
inoltre, non fa neppure accenno al metodo della rendition
dei prigionieri ai servizi segreti di Paesi che ammettono
la tortura. Ciò nonostante, i senatori repubblicani che hanno
negoziato l'accordo con la Casa Bianca, affermano, sulla base
di non si sa bene cosa, che tale compromesso vieterà l'uso
di tecniche quali la simulazione dell'affogamento, che sono
state ripetutamente usate sino ad ora nei confronti dei prigionieri
di spicco della guerra al terrorismo, come Khalid Sheikh Mohammed.
La morale di questa storia è che il presidente Bush voleva
far approvare dal Congresso l'uso di queste pratiche coercitive
per farle dichiarare valide ai sensi della Convenzione di
Ginevra. Non ci è riuscito. Ma quantomeno ha ottenuto che
il Congresso abbia dato disco verde una volta che dovesse
essere trasformato in legge il compromesso ottenuto al Senato.
Rimane comunque il fatto che sarà Bush, assieme a questo Congresso,
incapace di tenerne a bada gli istinti peggiori, a dover rendere
conto alla storia per aver consentito deliberatamente l'uso
della tortura contro i prigionieri ed a far uscire gli Usa
dal novero delle nazioni civili.