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TORTURA? IL SENATO USA APPROVA di Daniele John Angrisani

Nubi nere arrivano dagli Stati Uniti d'America sul futuro delle Convenzioni di Ginevra e degli accordi internazionali per la protezione dei diritti umani. Dopo alcune settimane di guerriglia politica sulla questione delle torture contro i prigionieri della guerra al terrorismo, alla fine i tre senatori repubblicani "ribelli" - John McCain, Lindsey Graham e John Warner - hanno di fatto capitolato di fronte alle richieste della Casa Bianca e hanno accettato di firmare un accordo che, secondo i suoi molti critici, fornisce di fatto il via libera alla Casa Bianca per continuare nella disastrosa politica delle torture contro i prigionieri di guerra.

L'accordo firmato tra la Casa Bianca ed i senatori ribelli prevede in particolare che:

- Chiunque venga processato dai tribunali militari abbia accesso a tutte le prove che siano state presentate, in ambito processuale, contro di lui dinanzi alla giuria, ma non a quelle che siano ritenute lesive degli interessi nazionali

- Siano proibite solo le "gravi violazioni" della Convenzione di Ginevra e sia perciò emendato il War Crimes Act (la legge approvata nel 1996 che vieta l'uso della tortura e delle pratiche coercitive contro i prigionieri di guerra, ndr), definendo esplicitamente tali gravi violazioni quali atti come tortura, violenza sessuale, esperimenti chimici e biologici sui prigionieri e trattamenti crudeli ed inumani.

- Il presidente ha però l'autorità di specificare, mediante ordini esecutivi, quale sia "il significato e l'applicazione" delle norme previste dal War Crimes Act e dalla Convenzione di Ginevra.

- Siano comunque consentite le testimonianze ottenute con metodi coercitivi se tali dichiarazioni siano state ottenute prima dell'approvazione da parte del Congresso nel 2005 dei trattamenti crudeli, inumani e degradanti, e se il giudice abbia ritenuto tali dichiarazioni attendibili. Allo stesso tempo sono vietate eventuali testimonianze ottenute con metodi coercitivi se ottenute dopo il 2005 e il giudice abbia valutato i metodi usati per ottenerle come violanti la definizione costituzionale di trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

- E' inoltre severamente limitato il diritto dei prigionieri ad appellarsi a corti di grado superiore, compresa la Corte Suprema, per chiedere la propria liberazione.

- E' infine depenalizzata retroattivamente qualsiasi violazione del War Crimes Act che ai sensi della nuova legge non risulti più esserlo.

Diversi esponenti democratici, oltre a numerosi attivisti delle organizzazioni per la protezione dei diritti civili, hanno affermato che l'accordo appena descritto non fa altro che lasciare le porte aperte per qualsiasi tipo di abuso e tortura contro i detenuti, togliendo loro allo stesso tempo il diritto sacrosanto di appellarsi contro la propria detenzione. "Questo accordo permetterà all'Amministrazione nordamericana di continuare con la propria politica di interrogatori basati sulla tortura", afferma Michael Ratner, il presidente del Centro per i Diritti Costituzionali. "In qualità di difensore dei diritti umani che ha speso la sua vita combattendo contro la tortura applicata dai dittatori di tutto il mondo, trovo questo compromesso semplicemente disgustoso".
Persino alcuni tra gli avvocati difensori dell'Esercito che, in base alla legge dovrebbero assumere la difesa degli accusati dinanzi ai tribunali militari, hanno attaccato pesantemente l'accordo, affermando che le regole proposte impedirebbero loro di venire a conoscenza se le dichiarazioni dei loro clienti siano state ottenute o meno attraverso l'uso della tortura. "Questo sistema è persino peggiore di quello che era già in essere sino ad ora", ha affermato il maggiore dei marines Michael Mori, un avvocato militare. Inoltre, sempre da ambienti militari, è trapelata la preoccupazione sull'eventuale destino dei soldati americani che dovessero essere fatti prigionieri di guerra; chiaro che avrebbero grosse difficoltà a far valere i propri diritti ai sensi delle Convenzioni di Ginevra, visto che sono per primi gli Stati Uniti d'America a limitarli ai propri prigionieri.

Ancora più tagliente è stato il giudizio dell'ACLU (American Civil Liberties Union), la più grande organizzazione per la difesa dei diritti civili in America:
"Questo è un compromesso che viola l'impegno americano nei confronti dei diritti umani. L'accordo proposto renderà irrilevanti nonché di fatto impossibili da applicare le protezioni basilari previste dall'articolo 3 delle Convenzioni di Ginevra per il trattamento dei prigionieri di guerra. Tale accordo fornisce deliberatamente l'impunità a coloro che all'interno dell'Amministrazione si sono macchiati sino ad ora di crimini e torture. Inoltre, ai sensi dell'accordo, il presidente avrà l'autorità di dichiarare cosa è - e cosa non è - una grave violazione del War Crimes Act, rendendo di fatto se stesso giudice e giuria. In sostanza questa norma, se approvata, fornirà al presidente l'autorità unilaterale di dichiarare legittimi alcuni tipi di tortura usati sino ad ora contro i prigionieri. Queste sono tattiche che ci si potrebbe attendere da regimi repressivi, non dal governo di un Paese come gli Stati Uniti d'America".

Quello che si può notare da tutte queste dichiarazioni è che, sicuramente, uno dei punti più critici di questo accordo è quello che fornisce al presidente il potere di definire cosa è consentito o meno nell'ambito delle modalità di interrogatorio. Infatti, stando al compromesso firmato al Senato, il presidente potrebbe potenzialmente decidere di depenalizzare qualsiasi tipo di abuso sui prigionieri, come quelli che hanno causato l'oltraggio internazionale ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nelle prigioni segrete della CIA sparse in tutto il mondo. Inoltre, persino la lista delle tecniche consentite dalla Casa Bianca dovrebbe rimanere segreta, per non fornire al "nemico" informazioni riservate. Secondo Jane Harman, vicepresidente democratico della Commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti, "la chiave per verificare la validità di questo accordo sarà la possibilità o meno dalla parte del Congresso di avere supervisione sul programma di interrogazioni della CIA". In particolare, secondo il deputato Barman, la Casa Bianca dovrebbe fornire al Congresso la descrizione minuziosa delle tecniche che ha intenzione di autorizzare, la giustificazione legale per queste tecniche e delle evidenze per mostrare che queste tecniche siano davvero necessarie ed efficaci.

Di fatto, però, secondo diversi esperti della materia, per come è stato formulato l'accordo, la CIA continuerà di fatto ancora ad avere il permesso di usare qualsiasi tipo di metodo coercitivo, come costringere i prigionieri a rimanere nudi in stanze gelide, forzarli a rimanere in posizioni dolorose per periodi prolungati e privarli del sonno. Il compromesso, inoltre, non fa neppure accenno al metodo della rendition dei prigionieri ai servizi segreti di Paesi che ammettono la tortura. Ciò nonostante, i senatori repubblicani che hanno negoziato l'accordo con la Casa Bianca, affermano, sulla base di non si sa bene cosa, che tale compromesso vieterà l'uso di tecniche quali la simulazione dell'affogamento, che sono state ripetutamente usate sino ad ora nei confronti dei prigionieri di spicco della guerra al terrorismo, come Khalid Sheikh Mohammed.

La morale di questa storia è che il presidente Bush voleva far approvare dal Congresso l'uso di queste pratiche coercitive per farle dichiarare valide ai sensi della Convenzione di Ginevra. Non ci è riuscito. Ma quantomeno ha ottenuto che il Congresso abbia dato disco verde una volta che dovesse essere trasformato in legge il compromesso ottenuto al Senato. Rimane comunque il fatto che sarà Bush, assieme a questo Congresso, incapace di tenerne a bada gli istinti peggiori, a dover rendere conto alla storia per aver consentito deliberatamente l'uso della tortura contro i prigionieri ed a far uscire gli Usa dal novero delle nazioni civili.